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Teresa Iannelli 01 febbraio 2013 22:03 Circa 2 minuti per leggerlo stampa
Il regista partenopeo, con la commedia “Due angeli sulla terra”, mette in scena l’arte, il teatro e i Diritti Umani per la solidarietà universale
Oltre mille persone hanno accolto con entusiasmo il debutto della compagnia Claudio Romanelli con la commedia “Due angeli sulla terra”, lo scorso 25 gennaio al teatro Palapartenope di Napoli. La manifestazione teatrale, organizzata in collaborazione con la Fondazione “Gioventù per i Diritti Umani”, è stata patrocinata dalla Regione Campania e dalla Provincia e Comune di Napoli. Commedia di due atti in chiave musicale, nei quali il regista Romanelli, dietro le maschere, ha posto in risalto le mille sfaccettature dell’animo umano, snaturato in una società che spesso tende a frenarne gli slanci fino ad annullarne la dignità.
Una rosa di personaggi, talvolta paradossali, che si muovono sul palcoscenico del vivere quotidiano, tipico della nostra terra. Situazioni grottesche, spesso comiche, che sfociano nel surreale. La vita e la morte, la normalità e la pazzia, il reale e l’immaginario si alternano sul palcoscenico ad intrecciarsi come le vite dei personaggi; da sfondo il ricordo di quello che è stato e l’aspirazione a quello che sarà: una pace dell’anima ricercata con frenesia e mai raggiunta. Nel piccolo rione va in scena la lotta quotidiana per una vita normale, quella che l’unione del vicinato solo in apparenza può garantire.
La luce arriva solo da due figure bianche, che accompagnano i personaggi nella nebbia, dipanandola con la forza dell’amore. Saranno proprio loro a svolgere quel ruolo fondamentale di collante tra il terreno e l’ultraterreno, quella forza invisibile che ci permette di avere una visione più ampia della vita. E così paura e dipendenza, pazzia e solitudine diventano il pretesto per raccontare di esseri umani maltrattati, emarginati. Le tentazioni demoniache, magistralmente messe in musica dalla compagnia, vengono però rigettate grazie alla perseveranza e alla guida degli angeli, che sono dentro di noi, sono la voce che ci invita al rispetto e alla solidarietà.
La morte del protagonista rappresenta, in linea generale, la morte del genere umano riabilitato e rasserenato dallo scoprire la sua profonda identità. Quella identità che noi tutti abbiamo dentro e che ci fa uomini integri, paladini di libertà e giustizia contro l’indiscussa malvagità del genere umano. Una grande interpretazione di Claudio Romanelli, capace di portare lo spettatore al cospetto della vera arte teatrale, di insegnare l’amore e la salvaguardia dei Diritti Umani, “per abituare le future generazioni al rispetto, all’integrazione sociale e alla costruzione di un mondo migliore”.
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