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Letteratura Ercole Capuozzo 27 marzo 2005 21:31 Circa 5 minuti per leggerlo stampa
La mia origine si perde nel tempo. però nacqui bella.
E i primi ad apprezzarmi per la mia leggiadria furono i greci. Che io amai per la loro intraprendenza, ma soprattutto per il loro animo gentile e sognatore. Infatti, tra i tanti traffici ed attività, essi trovavano anche il tempo di commuoversi davanti alla mia marina dai tramonti d’oro. Tanto, che sognarono di avventure, eroi, sirene. E mi chiamarono Partenope. Fui felice.
Dopo alcune decine d’anni, essi vollero farmi più grande. E mi diedero il nome di Neapolis. Piansi molto. Il nome non mi piaceva. Lo trovavo freddo. 'Nuova Città'. A me che ero una sognatrice! Mi adattai alla nuova situazione. Crebbi e divenni ancora più bella ma anche forte. Tanto che seppi far desistere i Sanniti dall’attaccarmi. Ma già da tempo mi corteggiava Roma soprattutto per il mio porto. E dopo lunghi anni di sofferente indecisione, divenni ad essa federata. Persi un po’ della mia autonomia, ma ricordo di aver saputo da sola, resistere agli attacchi furenti di Pirro. Ben presto, i Romani cominciarono ad amarmi. E fui la prediletta degli imperatori Augusto, Tiberio, Nerone, Tito e di poeti, come il soave Virgilio, che volle provare nella mia terra ispirazione per 'Le Georgiche' e avervi sepoltura. Anch’io mi affezionai ad essi seguii con trepidazione le loro vicende e accolsi in esilio, nella villa di Lucullo, il loro giovane e ultimo imperatore
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Dopo la parentesi gotica e bizantina, fatta di gioie e dolori, offese e riparazioni e la resistenza contro i Longobardi, maturai una coscienza nuova: non più città dell’ozio e dei piaceri romani, ma, grazie ad una forte colonia di ebrei , diventai attiva, industriosa, colta.
Letteratura, arte, economia, politica, diritto furono i miei interessi. E scrissi la pagina più bella della mia storia anche futura, quando divenni Ducato autonomo. Per quattro secoli fui un vero centro di civiltà, prospera, saggia. E con un accorta azione politica, riuscii a preservare la mia indipendenza. I piani di papi, longobardi, re franchi, imperatori bizantini, saraceni, tesi a soggiogarmi, s’infransero, quasi come le mie acque, quando il mare è agitato, contro le scogliere. E ricordo con orgoglio la nobile e valorosa figura di Cesareo Console, secondogenito del Duca Sergio, che affrontò e distrusse nelle acque di Ostia, l’intera flotta saracena.
Con altrettanto orgoglio posso dire che, nel 1139, fui l’ultimo degli Stati meridionali ad essere incorporato nel regno normanno. Per me , però, fu la morte nel cuore. Finiva, infatti, la mia indipendenza. E non la riconquistai più, se non per pochi anni quando divenni libero Comune nel 1251 e, per pochi mesi, quando, nel 1799, divenni Repubblica. Fu questa la parentesi più esaltante. Ma mi restarono il dolore e la vergogna di vedere il mio popolo contro di me. Perciò non ho voglia di parlare degli Svevi, degli Angioini, degli Austriaci, dei Borboni. Tuttavia, mi va di ricordare Gioacchino Murat, che fece di tutto senza riuscirci, per farmi continuare a vivere come Regno.
E venne l’unificazione d’Italia. Con anni di indicibile sofferenza morale, economica, culturale. Ma era la piemontesizzazione dell’Italia, come dire, quasi un'altra occupazione straniera.
Anni bui quelli del ‘900: analfabetismo, fame, crisi, emigrazione. Prima guerra mondiale. Fascismo. Mi consolai con i mandolini, il pennacchio del Vesuvio, la funicolare, Pulcinella, le carrozzelle, la pizza, e con i tanti cantori della mia bellezza, che ispirava poesie e canzoni sublimi. Chi vi può mai dimenticare: Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo, Luca Costatola, Vincenzo Russo, Giovanni Capurro, Gennaro Ottaviano, Pasquale Cinquegrana, Ernesto Murolo, Rocco Galdieri, Raffaele Viviani, Libero Bovio, Raffaele Chiurazzi, E. A. Mario, Edoardo Nicolardi, Pacifico Vento e voi: Scarpetta e De Filippo!
La seconda guerra mondiale mi sventrò, mi rese incapace di pensare, pazza, affamata. Ma la mia gente non c’entrava. Il 2 giugno 1946, festeggiai anch’io la nascita della Repubblica, ma avvertivo, specialmente negli abitanti dei vicoli, tanta nostalgia per la monarchia. Forse fu per questo che tra i sindaci avuti in seguito, il più votato e amato fu Achille Lauro. Ma anche perché fu l’unico ad amarmi di un amore disinteressato. Contrariamente a quanti lo circondavano. E a quanti gli sarebbero succeduti. A parte forse la parentesi Valenzi.
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E poi, venne uno dei più brutti della mia esistenza. Non c’era foglia che si muovesse senza il volere dei politici locali che mi amministravano. C’erano tangenti su ogni cosa e attività. Persino sui morti. Inoltre mi circondarono di discariche. La spazzatura sulla quale i giornali scrissero che vi era una tangente di 25 lire al kg, arrivava anche dalle altre città italiane. Diventai lurida, puzzolente, accattona. Mi sentivo soffocare.
Mi salvò 'Mani pulite', che, tra i politici locali fece un vero sconquasso.
Finalmente! Mi sentii rinascere. E così la mia gente che si strinse poi attorno a Bassolino, il quale mi amò di un amore immenso. Diventai pulita perbene all’avanguardia, e rinacque in me l’amore per la vita. I napoletani erano fieri di me.
Ebbi una stretta al cuore quando Bassolino mi lasciò per il governatorato della Campania. Ma egli non mi aveva tradito. Glielo imponeva la legge, in quanto mi aveva amministrato per due legislature. Adesso c’è la Iervolino. Non è Bassolino, ma è una persona capace, onesta e mi vuole bene, ed io sono contenta così.
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