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Ambiente Vincenzo Esposito 25 febbraio 2014 19:03 Circa 4 minuti per leggerlo stampa
In attesa della proiezione a Marigliano, prevista per venerdì 28 febbraio, approfondiamo insieme a Marco La Gala i temi cardine del suo documentario
NOLA – Partiamo innanzitutto da una breve biografia di Marco, la cui attività cinematografica è legata ad una laurea ed un master in cinematografia,alla partecipazione nella realizzazione di diversi cortometraggi tra cui, nel 2011 un lavoro dedicato alle difficoltà burocratiche che i ragazzi extraeuropei incontrano nello studiare in Francia.
Oggetto di oggi il suo primo documentario , “Nella terra dei fuochi”, completato nel 2013 ma difatti frutto di un lavoro iniziato qualche anno prima, realizzato anche grazie al finanziamento da parte dell’Universitè Paris 8.
“In Campania, ai piedi del Vesuvio, nella stessa terra che i Romani chiamavano «Terra Felix», esistono più di 2500 discariche illegali di rifiuti. Centinaia di terreni sono completamente lasciati a se stessi e trasformati in discariche. Una piccola cooperativa sociale prova a recuperare un campo abbandonato da più di 20 anni. Riscoprendo la cultura contadina e le tradizioni popolari di un mondo che rischia di scomparire”. Questa una breve sintesi del lavoro realizzato. Approfondiamo con Marco:
-Quando e come nasce l’idea del documentario?
"Il progetto nasce nel 2008, eravamo in piena emergenza rifiuti. Cominciai, insieme ad un amico che stava realizzando una ricerca sul tema in ambito universitario, a girare per le campagne. Ci imbattemmo in un container, coperto da un telo, molto probabilmente carico di rifiuti tossici; te ne accorgi quando avvicinandoti senti odore acido, la gola che ti pizzica, è una sensazione che ho vissuto più volte durante i lavori. Di lì capì che la vera emergenza non era solo quella rispetto ai rifiuti urbani ma sopratutto quella dello smaltimento dei rifiuti tossici. Seguì la mia scelta di dedicare, attraverso un documentario, spazio al tema dei rifiuti speciali e dello smaltimento illegale"
- A lavoro concluso, c’è qualcosa a cui rimani particolarmente legato?
"Penso che la parte “bella” del lavoro che ho fatto sia stata rappresentata dall’incontro con le diverse persone, potenziali protagonisti del documentario, da cui ho capito che il problema era molto più profondo di quanto avessi immaginato. Le esperienze raccolte mi aprivano gli occhi verso ciò che realmente stava e sta accadendo: la distruzione dell’equilibrio dell’ecosistema in cui viviamo".
-Tra queste persone anche Nunzia Lombardi, della Cooperativa Sociale Ottavia che recentemente è stata vittima di un furto…
"Nella figura di Nunzia Lombardi e dei ragazzi della cooperativa ho visto la capacità e la possibilità da parte delle persone di resistere e fare qualcosa per cambiare la situazione. Mi colpì molto il lavoro che stavano facendo, recuperare un campo abbandonato che si era trasformato in una discarica ( per “fortuna” solo di rifiuti urbani ) e riportarlo alla sua funzione originale: la produzione di beni agricoli".
-Vedi questa come la strada giusta da perseguire per risolvere il problema?
"Credo che il problema dello sversamento nasca dall’abbandono della terra a cui si è aggiunta la “psicosi” dei prodotti inquinati. Si installa come un circolo vizioso: il contadino non vende perché la paura porta la gente a non comprare, la terra viene abbandonata o venduta per poco o nulla e molte volte questi terreni finiscono nelle mani della camorra. È chiaro che risolvere il problema prevede un’azione più ampia che lega il non-abbandono al monitoraggio delle zone a rischio sversamento ( che di solito conosciamo bene, sono sotto gli occhi di tutti )".
-Per quanto riguarda la bonifica?
"Penso che innanzitutto bisogni fermare del tutto lo sversamento. Sarebbe altrimenti ripartire sempre dallo stesso punto. Bisogna poi stare attenti a come verranno fatte le bonifiche, saranno disposti dei fondi europei e bisogna evitare il rischio che ad occuparsene siano gli stessi che sono stati protagonisti degli sversamenti".
-Ci sono delle differenze rispetto a quando hai iniziato ad interessarti al tema?
"Penso ci sia stato di recente un “boom” d’interesse che ha portato sicuramente a più attenzione e sensibilità, a più voglia di seguire l’argomento. Tuttavia trovo ci sia ancora molta confusione in merito: si è diffusa la credenza secondo cui tutto è inquinato. Conseguentemente nessuno vuole più comprare prodotti della zona il che ha portato ad un calo delle vendite che si registra vicino al 40%. La realtà è diversa, gran parte del territorio è ancora sano".
-Prospettive per il futuro a riguardo?
"Credo che in un momento di crisi così grande abbiamo a disposizione tanti spazi e tanti campi abbandonati. È ipotizzabile un ritorno ad un’agricoltura pulita attraverso cui si potrebbe favorire il lavoro e proteggere il terreno. Molte sono le cooperative sociali che perseguono questa linea nella quale il contadino oltre che lavoratore diviene sentinella del territorio: un modo per restituire ai cittadini il diritto alla salute, all’ambiente pulito, nonché un colpo importante alle ecomafie".
Vincenzo Esposito
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