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Cronaca Redazione 29 giugno 2009 23:37 Circa 6 minuti per leggerlo stampa
CASALNUOVO - Si è tenuta nel pomeriggio del 29 giugno, dinanzi al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Nola il processo con rito abbreviato per l’omicidio del commerciante di mangimi Manna di Casalniovo. Alla sbarra c’erano Varlese e Apollo, entrambi condannati all’ergastolo. Nelle vesti d’imputati anche Solla e Caiazzo, condannati, invece, a venti anni.
In sede di udienza sono stati ricostruiti i fatti che si sono verificati in Via Filichito a Casalnuovo, in data 1 dicembre 2009. Quattro malviventi, armati di pistola e con i volti coperti con berretti e sciarpe, perpetravano una rapina in danno dell’ esercizio commerciale “Agrimanna”. Dopo essersi fatti consegnare l’incasso ed essere usciti sul piazzale antistante il negozio, uno dei malfattori, incitato dagli altri, al fine di assicurare l’impunità a sé ed ai suoi complici, esplodeva, senza esitare, alcuni colpi di arma da fuoco all’indirizzo di del sessantatreenne Raffaele Manna, genitore dei titolari dell’ esercizio commerciale, che aveva tentato di scagliarsi contro i rapinatori per proteggere il figlio Sergio.
Perpetrata la rapina, i malviventi si davano alla fuga a bordo di due motocicli. Subito dopo, Raffaele Manna, che era stato raggiunto al viso da tre colpi di pistola, era soccorso e trasportato presso l’ospedale “Apicella” di Pollena Trocchia, dove il personale sanitario non poteva far altro che constatarne il decesso. Nell’immediatezza, il maggiore Fabio Cagnazzo e il pubblico Salvatore Prisco, recatisi sul luogo della rapina, decidevano di costituire un’apposita squadra investigativa, scegliendo gli operatori tra i migliori conoscitori dell’area in questione, al fine individuare gli autori dell‘azione delittuosa.
Dopo un attento esame delle riprese del sistema di video-sorveglianza installato presso l’esercizio commerciale e l’ escussione di tutte le persone in grado di riferire le circostanze utili per la prosecuzione delle investigazioni, era organizzata un’azione mirata all’interno della roccaforte del clan “Sarno” di Napoli - Ponticelli. L’azione dava i suoi frutti sperati. Alle ore 00.40 del 2 dicembre 2008, cioè a sole sei ore dall’omicidio, era rintracciato il pregiudicato Gennaro Apollo che, condotto in caserma, all’esito della contestazione degli elementi raccolti a suo carico, non poteva fare altro che ammettere le proprie responsabilità e confermare il proprio coinvolgimento nel fatto di sangue, rifiutandosi però di indicare il nome dei suoi complici o qualsivoglia elemento che servissero per identificarli. Nel corso delle perquisizioni effettuate nel quartiere di Ponticelli era anche rinvenuto e sequestrato uno dei motocicli utilizzati dai rapinatori.
Alle ore 02.30 del 2 dicembre 2008 si procedeva a sottoporre a fermo di pulizia giudiziaria Gennaro Apollo per concorso in rapina ed omicidio, nonché per porto e detenzione illegale di armi e di munizioni. Il fermo era convalidato nei giorni seguenti dal gip di Nola che concordava con gli elementi raccolti dai carabinieri. I legami di parentela di Apollo con un esponente di spicco del clan Sarno di Ponticelli, dimorante proprio in quel quartiere, facevano presumere ai militari dell’Arma impegnati nelle investigazioni che i complici dello stesso fossero certamente da identificare in altri soggetti facenti parte o comunque riconducibili a quella compagine malavitosa. In considerazione di ciò, era avviata un’intensa attività di monitoraggio di personaggi legati a quel sodalizio criminale, che annoveravano a loro carico precedenti penali per reati predatori.
Contestualmente si procedeva ad effettuare mirati servizi di osservazione, di controllo e di pedinamento dei soggetti attenzionati o da attenzionare. Le investigazioni svolte dai militari si dimostravano particolarmente laboriose a causa delle inevitabili difficoltà di penetrazione investigativa nell’intricato tessuto delinquenziale del quartiere di Ponticelli dove ha sede, come detto, la roccaforte di uno dei più agguerriti e spietati sodalizi criminali operanti in Napoli e Provincia. Il corale sforzo investigativo e la tenacia dei carabinieri impegnati nelle indagini consentiva di fare, infine, breccia in quel complicato tessuto socio-criminale che in più di un’occasione si era già rivelato impermeabile alle indagini, portando all’acquisizione di elementi che permettevano di identificare i restanti componenti del gruppo di rapinatori. Nel corso della mattinata del giorno 22 gennaio 2009 era effettuate una serie di perquisizioni presso le abitazioni di tre pericolosi pregiudicati abitanti nel quartiere Ponticelli e legati a personaggi di spicco del clan Sarno e del clan De Luca Bossa.
I carabinieri si portavano presso l’ abitazione di Massimo Varlese (cognato del sorvegliato speciale Antonio D’Amico, soprannominato “fraulella”, elemento apicale del clan Sarno), presso quella di Diego Solla (convivente di Anna De Luca Bossa, sorella di Antonio soprannominato “Tonino o sicc” elemento apicale dell’omonimo clan detenuto al regime del 41 bis) e presso quella di Antonio Caiazzo, definito dagli inquirenti affiliato al clan Sarno. Nel corso delle attività si otteneva il rintraccio di due dei tre malfattori, i quali subito dopo l’omicidio avevano fatto perdere tutti le loro tracce, allontanandosi inizialmente dal territorio, temendo che il loro complice avesse potuto fare i loro nomi, ma che, poi, trascorsa qualche settimana, sentendosi al sicuro, erano ritornati alle loro abitazioni, senza sospettare nulla circa le investigazioni condotte dai carabinieri. Una circostanza questa che testimonia l’efficacia dei servizi effettuati dagli operanti che, nonostante si fossero trovati ad agire in territorio “ostile” non avevano mai attirato l’attenzione dei soggetti monitorati.
L’attività di polizia giudiziaria permetteva l’acquisizione di fondamentali e definitivi elementi di prova che valevano a dimostrare, senza ombra di dubbio, il coinvolgimento dei predetti nella triste vicenda conclusasi con l’omicidio del commerciante Raffaele Manna. Era rinvenuta e sequestrata anche la seconda motocicletta utilizzata per la commissione dell’omicidio. Nel corso della mattinata del 23 gennaio 2009, dopo un’attenta valutazione degli elementi raccolti, si provvedeva a sottoporre a fermo anche Diego Solla, mentre Massimo Varlese, che solo fortuitamente non era trovato in casa, perchè si era allontanato a causa di un litigio con la moglie. I fermi di Solla e di Caiazzo erano convalidati dal gip del Tribunale di Nola. Nonostante il brillante risultato raggiunto, i militari impegnati nelle indagini, con spiccato spirito di sacrificio e totale dedizione al dovere si attivavano immediatamente al fine di addivenire alla cattura dell’ultimo soggetto che, come detto, solo fortuitamente era sfuggito alle maglie della giustizia.
Ulteriori accertamenti portavano, quindi, a localizzare il latitante che aveva trovato rifugio a Roma, nella zona Appio - Latino - San Giovanni. Le incessanti ricerche dei carabinieri inducevano Massimo Varlese a costituirsi, in data 28 gennaio 2009, presso gli Uffici del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Roma dove, militari di Napoli gli notificavano il provvedimento di fermo. Nei giorni seguenti, il gip di Roma, chiamato a pronunciarsi sugli elementi raccolti dal Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna, che suffragavano il provvedimento di fermo emesso dall’autorità giudiziaria di Nola, concordando con le risultanze investigative, non poteva che convalidare il provvedimento. Nel pomeriggio del 29 l’epilogo dell’intera vicenda con le citate condanne.
Loredana Monda
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