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Cronaca Redazione 12 luglio 2009 01:20 Circa 2 minuti per leggerlo stampa
Caro on. Paolo Russo, non riesco a credere che ci sia anche Lei tra i nostri parlamentari che hanno votato a favore del decreto Legge sulla sicurezza, per questo le invio tramite i media locali questa piccola riflessione di Don Luigi Ciotti, affinché ci possa essere almeno un pentimento ed una emancipazione da questo vortice di razzismo e violenza contro i deboli, spero proprio che un giorno i suoi figli non debbano vergognarsi di questo suo atto scellerato.
«Non sicurezza, crudeltà. Non c’è altra parola per definire le misure sull’immigrazione approvate in questi giorni al Senato.
Non c’è altra parola per definire questo accanimento contro chi fugge dalla miseria, dalla discriminazione, dall’oppressione, dalle guerre.
Sono persone, prima che immigrati, quelle che chiedono di essere riconosciute e accolte nella legalità, nei diritti e doveri di ogni cittadino parte attiva del consorzio sociale.
E’ doloroso constatare come questa legge ci faccia scivolare indietro, ai tempi della discriminazione razziale, negando i valori della Carta universale dei diritti umani, della nostra Costituzione, della Convenzione di Ginevra sui rifugiati, baluardi contro il ritorno della barbarie e della guerra, antidoti perché legge sia tutela del bene comune a partire dai più deboli, non legge del più forte.
Sono vittime della povertà, gli immigrati. Ma la povertà più grande, oggi, è la nostra. Povertà di coraggio, di senso, di umanità, di capacità di scommettere sugli altri, di costruire insieme a loro.
Dati alla mano, è dimostrato che, laddove si è lavorato con impegno, è stato possibile armonizzare il diritto con l’accoglienza, saldare il rispetto delle regole – che deve valere per tutti – con l’integrazione. A partire da quel “mettersi nei panni degli altri” che è stato motore delle più grandi conquiste umane e civili.
E spiace che, ad eccezione di una minoranza di voci nette e coerenti, su una questione tanto cruciale come quella dell’immigrazione, la politica sia venuta meno al suo orizzonte ideale: stimolare la promozione culturale e sociale di un paese, trasformando in speranze le paure della gente».
Antonio D'Amore
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