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Cronaca Sebastiano Perrone 07 settembre 2010 23:42 Circa 4 minuti per leggerlo stampa
Riflessione contro gli aumenti spropositati della RCA
Non so a quanti è capitato in quest’ultimo periodo - grazie agli aumenti spropositati delle compagnie di assicurazione - di riflettere su una delle piaghe sociali che colpisce i possessori di auto e moto residenti onesti della Campania, ed in particolare di Napoli e provincia. Infatti, ai più è stato previsto un aumento sostanzioso rispetto alla semestralità precedente.
Cosa fare?
Mettendo in atto il detto “A mali estremi, estremi rimedi” molti napoletani han pensato bene di cambiare residenza, per ridurre il salasso ingiustificato dalle tariffe del “libero Mercato”. Infatti, rimanendo nella stessa Regione si arriva a dimezzare se non a ridurre il premio di un terzo, spostandosi fuori regione decisamente le cifre vanno al ribasso. Per cui, giocando sulla differenza tra residenza e domicilio, capita che un residente a Napoli paghi 10 volte in più di un domiciliato, per il sol fatto di essere residente.
Da sempre mi propongo di ricorrere contro le compagnie assicurative e contro le autorità di garanzia dello Stato, in quanto ritengo, basando il mio ragionamento su principi di diritto, ed in particolare sul diritto di cittadinanza e di uguaglianza, che essendo l’RCA imposta per legge con legge nazionale, e per la Costituzione Italiana tutti i cittadini godono dei medesimi diritti e doveri, l’applicazione della legge crea una discriminazione economica e sociale tra cittadini residenti in luoghi diversi della stessa nazione.
Sei di Napoli: paghi di più!
Essendo un obbligo inoltre, mette le compagnie al sicuro dalla gestione concorrenziale su cui si fonda il mercato e dunque permette la possibilità di cartelli o di altre forme coercitive (vedi polizze vita o polizze conducente, in cambio della possibilità assicurare RCA la propria vettura), senza la possibilità di un minimo controllo da parte del consumatore, che non ha dati di riferimento sugli incrementi di incidenti, sulle percentuali di rischio tra regione e regione, insomma un dato che consenta un minimo di controllo e di esercizio di quel diritto ad essere informati.
Quanto tutto ciò dipende dalla maldestra guida dei napoletani, dalle numerose truffe ai danni delle assicurazioni, e quanto invece è lucro basato sul pregiudizio e sulla malafede delle compagnie assicurative, garantite dalla necessità di assicurarsi imposta dalla legge e da un controllo poco accurato dei loro conti economici?
Con questo subdolo meccanismo le compagnie assicurative legano il rischio alla appartenenza territoriale, e scaricano i rischi di esercizio (danni da sinistri e truffe) su chi ha dei comportamenti virtuosi e legali, con la cecità delle istituzioni di vigilanza e controllo che stanno a guardare. Per cui è meno virtuoso uno residente a Napoli che da 30 anni guida per le strade cittadine e nazionali ed è in prima classe, con l’alto rischio di incidenti che ha - come dichiarato dalle compagnie - rispetto non solo ad un omologo cittadino di altra regione che percorre strade meno pericolose, ma anche ad un neo patentato che non ha la sfortuna, di risiedere a Napoli. Questi non solo non viene premiato per il basso rischio che in tanti anni ha significato per la compagnia in una realtà dichiarata ad alto rischio, ma viene vessato da quel rischio derivante da terzi indisciplinati e dalla gestione criminale e truffaldina dei sinistri. Come dire: Al danno…la beffa!!!
Essendo la RCA imposta per legge dello Stato, le tariffe dovrebbero essere uniche per tutto il territorio nazionale, perché il rischio di esercizio dovrebbe essere ripartito su tutti gli assicurati di quella compagnia e non solo su base territoriale.
Viceversa, mi si dovrebbe spiegare: chi risiede a Milano, e per motivi di lavoro è domiciliato a Napoli, perché deve pagare diversamente da un residente a Napoli, rappresentando di fatto a parità di classe il medesimo rischio per la compagnia?
Ed ancora: se chi risiede in una determinata regione o città e circola su tutto il territorio, e dunque diverse volte in un anno si trova a dover transitare sulle strade di Napoli e provincia o in altre città a rischio, non rappresenta un rischio maggiore di chi non vi transita?
Può sembrare il solito discorso dei napoletani piagnoni, ma non lo è. Mi domando: cosa bisogna fare, per essere trattati da cittadini italiani, trovare soluzione alla napoletana come in tanti stanno iniziando a fare, cioè cambiare città di residenza, e spopolare la nostra amata città? Cari rappresentanti istituzionali, e cari concittadini, quando sarà il tempo del diritto? Parliamone!
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