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Cronaca Domenico Mariano Barone 04 gennaio 2011 23:52 Circa 2 minuti per leggerlo stampa
Le infezioni ospedaliere restano sempre più un problema cruciale per la sanità
Pur avendo la medicina e la farmacologia compiuto, nel corso dei secoli e in particolare dopo l'adozione del metodo sperimentale, enormi progressi come la scoperta dei sulfamidici, degli antibiotici e di vaccini efficaci,non sono state ancora in grado di arginare pericolose malattie infettive che si evolvono sempre più.
Nel diciannovesimo secolo si moriva di infezione contratta in ospedale molto più di oggi: chi subiva interventi chirurgici era particolarmente a rischio. Tali rischi perdurarono sino a che J. Lister, in Scozia, mise a punto i suoi primi metodi antisettici. Oggi le infezioni ospedaliere sono sostenute prevalentemente da batteri per il passato considerati poco o nulla patogeni, con una prevalenza dei Gram negativi .
In generale l’infezione ospedaliera (o infezione nosocomiale) quella contratta dal soggetto in ospedale e che si può manifestare nel corso del ricovero, ma pochi sanno che si manifesta e si sviluppa dopo la dimissione. Si tratta di un'infezione contratta in ospedale da un paziente che si è ricoverato per un'altra causa. Può essere sostenuta da germi patogeni tradizionali, come salmonelle e virus dell'epatite, o, più di frequente, dai cosiddetti microrganismi opportunisti.
Può determinare un allungamento della degenza (costi umani ed economici aggiuntivi) e talora anche la morte.
I germi opportunisti sono microrganismi scarsamente virulenti, molto numerosi nell'ambiente ospedaliero, che sono pericolosi per determinati soggetti. L'uso indiscriminato degli antibiotici ha favorito la proliferazione in ospedale di ceppi antibiotico-resistenti, agenti causali di numerose infezioni. Per tale motivo, l'antibiotico-terapia dovrebbe essere il più possibile mirata, cioè seguire all'isolamento del germe responsabile dell'infezione. A ciò servono gli esami colturali associati all'antibiogramma.
Anziani, politraumatizzati, ustionati, prematuri, diabetici, pazienti oncologici, pazienti sottoposti ad importanti interventi chirurgici, pazienti critici le cui difese immunitarie si sono abbassate (soggetti immunodepressi o immunocompromessi) possono facilmente, durante la degenza in ospedale, sviluppare un'infezione.
A volte succede che manovre invasive come interventi chirurgici, cateterismi venosi o cardiaci, terapie iniettive, trasfusioni, introduzione di sonde varie aprano la strada a germi responsabili di infezione. È sempre raccomandabile a chi attende a tali manovre il rispetto della più rigorosa asepsi.
Un pericolo è rappresentato dall'affollamento: sempre più malati in una stanza possono trasmettersi vicendevolmente germi: è il fenomeno abbastanza diffuso delle infezioni crociate. Da evitare anche l'affollamento dei visitatori al capezzale di un paziente immunocompromesso. È questo il motivo principale per cui l'accesso ai reparti di terapia intensiva e quello per i trapianti è rigidamente regolamentato.
L’ignoranza e le poche campagne informative evidenziano che un lavaggio accurato, ripetuto e metodico delle mani è ancor oggi il presidio più efficace nella prevenzione delle infezioni ospedaliere e soprattutto allo scopo di conseguire una pulizia in grado di tutelare e salvaguardare la salute. Bisogna rendersi conto che un'infezione ospedaliera può essere un reato e pertanto risarcibile economicamente.
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