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Cronaca Franco Trifuoggi 05 giugno 2013 19:08 Circa 3 minuti per leggerlo stampa
LAURO - Domenica 2 giugno, nella Chiesa parrocchiale di Lauro, parenti, amici, colleghi, ex-alunni ed estimatori, convenuti anche da vari paesi, hanno dato l’ultimo saluto al prof. Antonio Corcione, già ordinario di lettere latine e greche nel Liceo classico “Carducci” di Nola. Hanno concelebrato i rev.mi Don Luigi Vitale, Parroco, e Don Virgilio Marone, i quali hanno lumeggiato con parole elevate e suggestive le doti di profonda umanità, religiosità, rettitudine e cultura dell’Estinto. Al termine della S.Messa due commosse testimonianze sono state pronunciate dal dott. Stefano Acierno e dallo scrivente, che ne hanno ricordato la semplicità, la generosità, la lealtà, l’amore per il mondo classico e la disponibilità verso i colleghi e gli studenti.
Antonio Corcione, deceduto inaspettatamente e troppo presto, sarà ricordato come uno degli ultimi eredi della gloriosa tradizione umanistica del “Carducci”, che annovera docenti illustri come Paolino Menna, Giuseppe Grauso, Giuseppe Vaiano, oltre che finissimo cultore di letteratura italiana nonché come educatore attento, scrupoloso e ricco di comprensione e di rispetto per la personalità degli allievi, affrancati da quei rituali gravosi quei meccanismi alienanti che rendono penosa la scuola. E’ stato punto di riferimento indiscusso di colleghi e studiosi, prodigo nel chiarire dubbi linguistici, risolvere difficoltà di sintassi, grammatica e metrica. Memorabili rimangono le sue orazioni in lingua latina o italiana in lode di colleghi festeggiati in occasione del collocamento in quiescenza o di promozione a ruoli prestigiosi.
Apprezzatissimo il suo commento in latino – pubblicato nel 2006 – del famoso discorso in difesa dell’insegnamento della lingua latina pronunciato dall’on. Stefano Riccio alla Camera dei Deputati: un commento dotto, avvalorato da citazioni storiche e di autori classici e contemporanei, in una scrittura impeccabile ed armoniosa, degna di Cicerone, che rispecchia la finezza del gusto e la ricerca della perfezione stilistica, in una con la profonda sensibilità etica e la fedeltà alla cultura greco-latina. Essa si conclude, infatti, con l’elogio delle lettere classiche, “quae adsiduum vitae Hominum cursum per saecula collustravere” (hanno illuminato nel corso dei secoli l’inarrestabile cammino dell’Umanità).
L’amore e lo studio del mondo classico erano per lui veramente ragione di vita: negli ultimi anni egli non aveva smesso di leggere ed interpretare i testi latini e greci, e aveva iniziato, tra l’altro, la traduzione italiana delle Sententiae di Publilio Siro. Era altresì una delle personalità più eminenti per cultura della sua città: è frutto del suo ingegno e della sua padronanza della lingua latina l’epigrafe che adorna la torretta della Porta Civica, che ricorda che nel 1789 fu collocato su di essa un orologio che batte le ore e i quarti; che attraverso essa irruppero poco dopo nella città (schieratasi con i filo-borbonici) i Francesi per incendiare crudelmente il Castello e le case, e profanare empiamente le chiese; e che essa, dopo essere stata scossa dal terremoto del 1980, fu restaurata a spese pubbliche.
L’ultimo periodo della sua vita è stato tormentato da sofferenze fisiche sopportate sempre con animo sereno, e alleviate dalla premurosa compagnia della sorella, del cognato e delle nipoti. Totonno (così lo chiamavamo noi suoi amici) era, insomma, non solo un uomo sensibile e amico della natura, che aveva cura personalmente delle piante del suo giardino, ma schietto, leale, dal cuore generoso, prodigo di bene, dalla fede profonda, e dalla coscienza adamantina, nemica di ogni compromesso e amica della verità.
Era, insomma, un uomo di altri tempi, e come tale sarà ricordato!
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