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Cronaca Redazione 17 aprile 2014 16:14 Circa 1 minuto per leggerlo stampa
Nella sentenza la Suprema Corte sottolinea che anche senza farne il nome, il maresciallo aveva facilmente reso identificabile il collega offeso
Fa discutere una sentenza della Cassazione , su un caso di presunta diffamazione avvenuta sul popolare social network Facebook. Così la Cassazione ha annullato l' assoluzione accordata ad un maresciallo della Gdf di San Miniato che sui social network aveva offeso la reputazione di un collega, pur senza nominarlo, esprimendo giudizi poco lusinghieri sul suo conto.
La diffamazione via Facebook si realizza, quindi , anche se avviene in forma anonima. Per la Corte "il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico, essendo sufficiente la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell' altrui reputazione e la volontà che venga a conoscenza di più persone".
Ciò che più colpisce del caso in questione è che il reato sia stato contestato per delle frasi "anonime", senza che la parte eventualmente lesa comparisse con nome e cognome, né mediante l'utilizzo di altri dati sensibili. In primo grado il militare era stato assolto.
Contro l'assoluzione ha fatto ricorso con successo il pg presso la Corte militare d'appello di Roma, sostenendo che, al di là dell'anonimato delle offese, le frasi erano circolate su un social network con la conseguente diffamazione per il diretto interessato.
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