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Cronaca Andrea America 12 novembre 2014 08:31 Circa 2 minuti per leggerlo stampa
Spiace dirlo, nonostante la stima nei confronti di Roberto Saviano, e pur riconfermandogli la vicinanza, non ho apprezzato il commento sulla sentenza e la dichiarazione con cui ha definito guappi di cartone, i boss casalesi, al termine del processo che riguardava le minacce rivolte a lui e alla giornalista Capacchione. Non sono un esperto di sentenze e fatti giudiziari, non so cosa davvero è accaduto e per quali motivi i giudici siano addivenuti alla conclusione di assolvere i due padrini Bidognetti e Iovine, so invece e risulta a tutti che Saviano da anni si batte con coraggio e determinazione per la legalità, contro i poteri criminali.
Tutto ciò non impedisce però di avere rispetto per la sentenza e comunque non cambia il giudizio nei confronti di criminali pentiti o non. Sono e restano criminali. Non sono “guappi di cartone”. All’amico scrittore e intellettuale Roberto Saviano, vorrei ricordare che il guappo è una figura storica nella criminalità napoletana, era un violento contro gli avversari, ma anche un generoso e protettore dei propri adepti, il più delle volte cercava di proteggere i deboli che subivano le ingiustizie.
In aggiunta “Guappo di cartone” è una vecchia commedia di Raffaele Viviani, il cui protagonista un tal Vincenzo Sanguetta, era un camorrista pentito, che ritorna a Napoli dopo avere scontato cinque anni di prigione. Viene accolto dagli amici e parenti, quasi fosse un eroe, o un grande uomo. E c’è anche Rachele, una bellissima donna follemente innamorata che, seppure sposata, l’aspetta come ipotetico amante, e con la quale potrebbe vivere comodamente a sue spese, ma singolarmente, Vincenzo rifiuta tutto. Non solo denuncia al marito l’amore adultero di Rachele.
Non voglio affatto ricostruire i vari passaggi dell’opera di Viviani, il fatto certo è che nel finale il Sanguetta dichiara apertamente ai suoi amici che non se la sente di vivere sulle spalle di una donna, non vuole essere definito magnaccio o guappo, seppure allora erano titoli di merito, e non vuole assolutamente continuare sulla via della non legalità. Ripete che la prigione è stata per lui una tremenda esperienza e gli anni della pena l’hanno costretto a soffrire ed a pensare di come cambiare vita, fino a decidere di voler essere un uomo onesto, un lavoratore che vuole guadagnarsi il pane col sudore della fronte e sposare una brava e “bona” giovane.
Voglio credere che Saviano abbia voluto definire “guappi di cartone” gli spietati boss casalesi per il solo fatto che si sono nascosti dietro l’avvocato, da prepotenti vigliacchi, e conviene con quanto dichiarato dal’ex pm della Dda di Napoli Antonello Ardituro, “si è trattato comunque di una condanna mai vista prima. L’avvocato del boss minaccia i giornalisti nel processo al fine di favorire il clan. Un pezzetto di storia”.
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