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Cronaca Redazione 05 maggio 2015 23:38 Circa 8 minuti per leggerlo stampa
COMIZIANO - Il Piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi (il Pip) costituisce uno strumento facoltativo di pianificazione territoriale, introdotto dall’articolo 27 della c.d. legge sulla casa n. 875 del 1971, al fine di consentire ai Comuni di acquisire aree per insediamenti di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico nell’ambito delle zone all’uopo destinate dallo strumento urbanistico generale.
La natura giuridica del Piano per gli insediamenti produttivi
Quanto alla natura giuridica, il Pip – pur essendo, sotto il profilo urbanistico, equivalente al piano particolareggiato, poiché entrambi gli strumenti attuano e specificano le prescrizioni del Prg – si connota come un piano speciale di zona, avendo la duplice funzione, da un lato, di garantire un ordinato sviluppo urbanistico dell’ambito nel quale dovranno sorgere nuovi insediamenti produttivi e, dall’altro, di stimolare l’espansione produttiva nel territorio comunale attraverso la cessione, alle imprese interessate, dei terreni espropriati.
Ne consegue – come da tempo acquisito nella giurisprudenza del Giudice amministrativo di appello – che il Pip vada iscritto nella categoria dei piani urbanistici funzionali di rilievo locale, aventi la finalità di rilanciare l’attività produttiva e di creare nuove opportunità di lavoro, offrendo alle imprese le aree occorrenti per i loro impianti, ad un prezzo politico, contribuendo a prevenire tensioni sociali connesse alla dismissione produttiva attraverso il rilancio di attività imprenditoriali aventi adeguato impatto occupazionale (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2939; Cons. Stato, sez. IV, 10 aprile 2006, n. 1986).
La delibera di approvazione del Pip equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere e trasformazioni urbanistiche (rete stradale, spazi e impianti di pubblico interesse, lotti) previste dallo strumento e consente al Comune di disporre la successiva espropriazione delle aree interessate.
Tutto ciò premesso, va ribadito che la fissazione dei termini di cui all’articolo 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 non è necessaria, quando l’ambito temporale per l’effettuazione dei lavori e delle espropriazioni risulti già determinato con assoluta certezza, come avviene per i Piani per gli insediamenti produttivi, la cui durata è stabilita dalla legge speciale – articolo 27, comma terzo, della legge 865/1971 – in dieci anni (v., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, sentenza 27 ottobre 2003, n. 6631).
L’indicazione dei predetti termini che, com’è noto, svolge una funzione garantistica, costituendo riprova dell’attualità dell’interesse pubblico da soddisfare e della serietà ed effettività del relativo progetto, evitando di esporre sine die il diritto di proprietà al potere espropriativo della Pubblica amministrazione, non trova alcuna giustificazione logico-giuridica nel caso del Piano per gli insediamenti produttivi, la cui approvazione ha ex lege effetto di dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza delle opere in esso previste e ne fissa inderogabilmente la durata in dieci anni (che costituisce anche il termine entro cui le previsioni del piano stesso devono essere attuate: v., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2939).
È questo, in estrema sintesi, il principio di diritto riaffermato, ancora una volta dal Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 5 marzo 2015, n. 1125.
I Piani PIP e la pubblica utilità connessa (art.9, comma 3, L. n.167/62) fanno si che le procedure espropriative debbano essere concluse entro la durata decennale del piano urbanistico attuativo.
Il principio è consacrato, in maniera eclatante, dall’art.9, u.c., della legge n.167/62, direttamente applicata ai piani PEEP ma, per quanto attiene le procedure espropriative, analogicamente utilizzata per i PIP. La disposizione citata, infatti, dispone espressamente che: “Le aree comprese nel piano rimangono soggette, durante il periodo di efficacia del piano stesso, ad espropriazione a norma degli articoli seguenti….”.
Il citato articolo non lascia spazio a dubbi o interpretazioni di sorta: durante il periodo di efficacia del PIP debbono essere concluse le procedure espropriative, diversamente, il provvedimento di esproprio adottato fuori il termine massimo di durata del piano è illegittimo e va annullato con la conseguente declaratoria di illegittimità del procedimento ed il riconoscimento dei danni conseguenti.
Non solo la normativa ma la stessa giurisprudenza è pacifica nell’indicare la illegittimità di un decreto di esproprio adottato dopo la scadenza naturale e decennale del PIP.
A tale ultimo riguardo è appena sufficiente il richiamo a quanto indicato dalla Corte di Cassazione, Sezione III civile, nella sentenza n.27902 del 21/12/2011, nella quale è stato esplicitamente chiarito che: « Il piano per insediamenti produttivi (P.I.P.) ha efficacia per dieci anni dalla data di approvazione. Alla scadenza del decennio, viene meno anche la dichiarazione di pubblica utilità, con la conseguenza che, come in ogni altra ipotesi di perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, viene meno il potere espropriativo in capo alla pubblica amministrazione. In conclusione, viene meno il vincolo preordinato all'espropriazione.» - Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza n.27902 del 21/12/2011 che richiama, tra le tante, Cons. Stato n. 4813/03 e n. 1658/05, nonchè Cass. S.U. n. 1343/98 e n. 10024/07, e Cass. n. 644/99 fino a Cass. n. 17491/08.
Dalla decadenza del P.I.P. deriva, allora, l'inefficacia dei vincoli espropriativi imposti con la sua approvazione nonché della connessa pubblica utilità con conseguente illegittimità del decreto di esproprio emesso fuori termine.
Il PIP, equivalendo a pubblica utilità (artt.9 legge n.167/62 e 27 legge n.865/71, oltre che 12 del d.P.R. n.327/01), deve portare al decreto di esproprio nel termine di propria decennale efficacia, diversamente si verrebbe ad eludere, in maniera artificiosa, il dettato normativo, illegittimamente prorogando la efficacia del piano stesso che, una volta decaduto, e con sé tutte le conseguenze sulla procedura ablativa, non può essere prorogato ma solo nuovamente approvato.
Argomentare diversamente significa eludere i limiti della normativa in maniera eclatante, non considerando affatto che, una volta scaduto il PIP, sono illegittime tutte le iniziative ad esso connesse (cfr: Consiglio di Stato, Sezione IV, decisione n.3275 del 13/06/2013 « Il piano per gli insediamenti produttivi (P.I.P.), previsto dall'art. 27 l. n. 865 del 1971, è uno strumento urbanistico di natura attuativa, dotato di efficacia decennale. Per le sue caratteristiche, trascorsi i dieci anni, l'amministrazione non può quindi disporne alcuna proroga, ma può al limite e invece unicamente valutare l'opportunità di predisporre un nuovo strumento con conseguente rinnovazione della scelta pianificatoria attuativa rimasta inattuata.» nonché Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza n.6145 del 19/04/2012 « Il piano per insediamenti produttivi (p.i.p.) ha efficacia per dieci anni dalla data di approvazione. Trascorsi dieci anni e venuta meno l'efficacia del piano, l'Amministrazione può solo valutare l'opportunità di predisporre un nuovo strumento con conseguente rinnovazione della scelta pianificatoria attuativa rimasta inattuata.»).
Sperando di aver confermato, ancora una volta, con la presente recensione e anche alla luce della ulteriore e brillante sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 5 marzo 2015, n. 1125 che il Piano per gli insediamenti produttivi, la cui approvazione ha ex lege effetto di dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza delle opere in esso previste e ne fissa inderogabilmente la durata in dieci anni (che costituisce anche il termine entro cui le previsioni del piano stesso devono essere attuate: v., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2939).
Anche se alcuni Comuni, con delibere di Giunta Comunale, ad oggetto l’attuazione dei suindicati piani, riportano, ancora, nei propri deliberati alcuni punti, a dir poco illegittimi, che di seguito elenco:
omissis……
nel frattempo sono scaduti i vincoli preordinati all’esproprio delle aree oggetto dell’intervento;
omissis…..
3) il concedente (COMUNE) si obbliga ad intraprendere, nelle more, le procedure preordinate alla reiterazione dei vincoli preordinati all’esproprio delle aree oggetto dell’intervento;
Tali affermazioni, come detto, sono in netto contrasto con le norme basilari e principali di tecnica urbanistica ed amministrativa, infatti:
1) i piani esecutivi, tra cui il piano degli insediamenti produttivi, una volta approvati hanno validità decennale( escluso i piani per l'edilizia economica e popolare);
2) che senso ha la reiterazione dei vincoli preordinati all’esproprio delle aree oggetto dell’intervento, visto che tale adempimento non ha alcun applicazione per tale piano esecutivo e la scadenza del piano degli insediamenti produttivi dei Comuni, ha validità decennale?
Come è ben noto, ai cultori e anche ai non addetti in materia, il Piano per gli insediamenti produttivi, facente parte dei piani urbanistici attuativi, una volta approvato, acquista valore di piano particolareggiato ed ha efficacia per dieci anni.
Il Piano per gli insediamenti produttivi (acronimo : P.I.P.) previsto dall’art. 27 della legge n. 865/71 è uno strumento urbanistico di natura attuativa, dotato di efficacia decennale dalla data di approvazione ed avente valore di piano particolareggiato di esecuzione, la cui funzione è quella di incentivare le imprese, offrendo ad un prezzo politico le aree occorrenti per il loro impianto ed espansione: come tale, trascorsi i dieci anni, l’Amministrazione non può disporre alcuna proroga dello stesso, potendo invece unicamente valutare l’opportunità di predisporre un nuovo strumento con conseguente rinnovazione della scelta pianificatoria attuativa rimasta inattuata. Una volta scaduto il PIP non può valere, agli stessi fini la scelta pianificatori effettuata in sede di adozione del PRG. Sono infatti, completamente diversi i livelli di intervento e le finalità dei due strumenti urbanistici, l’uno di carattere generale e sovraordinato, l’altro avente, invece, natura di piano particolareggiato di esecuzione, con valore di dichiarazione di pubblica utilità delle opere in esso previste. L’amministrazione, pertanto, scaduto l’originario PIP, può soltanto valutare l’opportunità di predisporne uno nuovo ( e non reiterazione di vincoli), esperendo ab initio tutte le relative attività procedimentali previste dalla legge. (ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 2.12.2011, n. 6363).
Con la consapevolezza, altresì, di aver sommessamente dato una uniformità di procedura, eliminando eventuali complicazioni ed incertezze, per l’attuazione dei piani urbanistici attuativi(PUA), a tutti gli operatori del settore e, in particolare, ai progettisti dei piani ed ai colleghi tecnici comunali.
Franco Giuseppe Nappi
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