24/04/2024
(137 utenti online)
Cronaca Andrea America 26 giugno 2015 22:53 Circa 3 minuti per leggerlo stampa
L’altra mattina, dopo essere stato informato della morte improvvisa del mio amico Francesco, incredulo e addolorato, mi sono immediatamente recato a casa sua per porgere le condoglianze ai familiari. Dopo avere parcheggiato ed essere sceso dalla mia Fiat panda, ho rischiato clamorosamente di inciampare sul cagnolino di Francesco. Un meticcio dal pelo bianco, alto si e no mezzo metro di una intelligenza straordinaria, che fino al giorno prima mi accoglieva abbaiando e saltellando. Ora se ne stava accovacciato, accanto alla cuccia in silenzio, ai piedi del cancelletto. Era morto il suo padrone, lo avvertiva.
Ciro, venuto insieme a me si è avvicinato per accarezzarlo ma il cagnolino non si è mosso di un centimetro. Sapeva bene cosa era accaduto, il suo sesto senso non l’aveva mai tradito. Di solito quando andavo a fare visita a Francesco, era il primo a venirmi incontro, mi accoglieva da vero amico e la sua felicità traspariva dalla coda che sembrava essere animata da un motorino a pile. Abbaiava, saltellava, voleva essere accarezzato. L’altra mattina è rimasto immobile. Forse voleva piangere o forse morire a sua volta. Rock, il nome del cagnolino, da cucciolo era stato abbandonato insieme ad un fratellino otto anni prima in aperta campagna, alla periferia di Marigliano.
Un pomeriggio di ottobre, di ritorno da una manifestazione sindacale dei pensionati, stavo con Francesco e li notammo. Ci guardammo in faccia e senza aggiungere parola decidemmo di prenderne uno ciascuno, portarceli a casa e adottarli. Al cucciolo di Francesco fu dato il nome di Rock, al mio quello di Jazz. Ma il mio sfortunatamente è morto esattamente un anno fa. Giace nel mio giardino sotterrato in una buca. Riposa sotto la magnolia gigante, ricoperto da fiori colorati, e una lastra in marmo con su scritto “ Jazz, amico nostro, non ti dimenticheremo mai”. L’anno prima, dopo mesi di cure e terapie, si è spento tra le mie braccia. Non è riuscito a resistere alla grave malattia della Terra dei fuochi, che l’aveva colpito.
Prima di morire mi aveva lasciato capire di voler fare l’ultima passeggiata, così come facevamo insieme, da tempo, fianco a fianco per le strade del paese, come due vecchi amici. E guai se durante la passeggiata incontravo persone con le quali mi fermavo a discutere di politica, provava un senso di fastidio, mi lasciava e se ne andava. Quando incontrava gli altri cani col guinzaglio li prendeva in giro, si accostava, li annusava, e sembrava sussurrasse “mancate di coraggio, non sapete conquistarvi la libertà. Guardate me, sono senza collare e senza padrone, ho un amico al mio fianco che mi tutela e vuole bene come io gliene voglio a lui. Il rispetto è reciproco e guai a chi ci tocca”.
Ricordo ancora l’espressione meravigliata del veterinario, il dottor Giacomo, un noto e bravissimo professionista della zona che dopo averlo tenuto in cura per tre settimane, alla fine di una iniezione disse: “Non posso crederci, faccio il veterinario da trent’anni ma non ho mai visto un cane di questa intelligenza e capacità di sofferenza”. Aggiunse: “Questo non è un cane, è una persona di un intuito e una empatia eccezionali”. Ci tenne ad essere presente quando lo sotterrammo. Volle più di noi che venisse avvolto da un lenzuolo bianco in un sacchetto di plastica. Fu il primo a far cadere la palettata di terra sulla tomba, e pianse come un bambino insieme a tutti noi. Oggi, ad un anno dalla morte, abbiamo deposto fiori freschi sulla sua tomba e inviato un saluto convinti che ci sta guardando dal cielo sorridendo. “Ciao, amico Jazz, sei sempre nei nostri cuori”.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright MARIGLIANO.net
Commenti