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Cronaca Redazione 18 febbraio 2020 16:29 Circa 4 minuti per leggerlo stampa
Ponte di Genova: pronta anche lÂ’ultima pila – Salini: in Italia ci sono le potenzialità per lavorare così, ma mancano le opportunitÃ
Il nuovo ponte di Genova fa nuovi importanti passi avanti. Oggi il cantiere del consorzio PerGenova (Salini Impregilo e Fincantieri) ha realizzato la diciottesima e ultima pila della struttura. Alla presenza del sindaco di Genova Marco Bucci e del presidente della Regione Giovanni Toti, l’amministratore delegato di Salini-Impregilo , Pietro Salini, ha sottolineato che “quest’opera è unica sotto tanti punti di vista, dalla pressione dell’opinione pubblica ai tempi di realizzazione, ed è un po’ come indossare i colori della Nazionale, c’è la spinta di milioni di persone che guardano e tifano per vincere la sfida che ci siamo posti per il Paese”.
Ora che tutte le parti che vanno a comporre questa gigantesca opera sono pronte, il lavoro non è certo finito, ma i genovesi, il principale porto italiano e l’economia di tutto il Paese possono iniziare a fare i conti con un ritorno alla normalità prima dell’estate.
In questi mesi di superlavoro, con tecnici e maestranze all’opera notte e giorno per rispettare una tabella di marcia molto ambiziosa, il cantiere la ricostruzione del ponte ha stupito l’Italia e il mondo intero, diventando il simbolo di un’Italia che è ancora in grado di fare le cose per bene, velocemente e seriamente.
“Ma questo di Genova non è un miracolo, è il frutto di una potenzialità inespressa delle grandi aziende italiane” ha detto ancora Salini. “Nel nostro Paese esistono eccellenze in grado di realizzare grandi opere in tempi brevi, attendono solo l’opportunità di farlo”.
Purtroppo, se si esclude quest’emergenza così tragica, nel resto del Paese restano chiusi numerosi cantieri – grandi e piccoli – bloccati dalla burocrazia, da decisioni politiche che non arrivano, dalla mancanza di fondi. Malgrado le promesse di sbloccare l’iter di questi lavori, finora nulla è stato fatto. In Italia ci sono opere bloccate (per restare a quelle di valore superiore ai 100 milioni di euro) per un totale di oltre 36 miliardi di euro, dalle Alpi alla Sicilia. La metà di queste è concentrata tra Piemonte, Liguria e Lombardia.
Tra quelle più importanti, che valgono miliardi di euro, ci sono la Tav Torino-Lione (8,6 miliardi) e la Gronda genovese (5 miliardi), forse le più note all’opinione pubblica. Ma anche l’autostrada Roma-Latina (2,8 miliardi, gara aggiudicata ma con un contratto non avviato); valgono 1,3 miliardi gli investimenti sulla Statale Jonica in Calabria, nella medesima situazione; o ancora la tratta Brescia-Verona dell’Alta velocità ferroviaria (1,9 miliardi), bloccata da questioni politiche, le stesse che impediscono di costruire la terza corsia tra Firenze e Pistoia (3 miliardi di euro).
I cantieri non si muovono, ma è proprio per questo che invece va avanti Progetto Italia, l’ambizioso piano di sistema che vede Salini Impregilo al centro di un processo di aggregazione di altre realtà (alcune di rilevanti dimensioni, come Astaldi) che dovranno portare la stessa Salini da 6 a 14 miliardi di giro d’affari nell’arco di pochi anni, e poter così competere a livello internazionale con i grandi operatori esteri, ma al tempo stesso continuare i suoi impegni in Italia, operazione sempre più difficile e onerosa per gli operatori più fragili.
Le preoccupazioni di questi ultimi dal punto di vista della libera concorrenza sono smentite dai numeri. Salini Impregilo, che peraltro concentrerà la sua attività solo su opere di valore pari almeno a 250 milioni, anche considerando Astaldi, Cossi e Pizzarotti arriverebbe a controllare molto meno del 10% del mercato nazionale.
Tra i principali obiettivi che si pone Progetto Italia c’è la salvaguardia di un importante contributo alla ricchezza del Paese (impatto pari a +0,3% di PIL annuo) e il supporto all'occupazione, con 3-400mila posti di lavoro preservati, di cui circa il 25% giovani.
Dal punto di vista industriale, Progetto Italia potrà migliorare la qualità delle infrastrutture del Paese e migliorare la solidità del settore con l’obiettivo di riportarlo in bonis (oggi circa il 60% delle aziende omogenee a Salini tra il 2004 e il 2018 hanno cessato l’attività o sono in una situazione di tensione finanziaria).
La maggiore competitività sui mercati internazionali produrrà anche ricadute positive alla supply chain italiana.
Ecco le ragioni di una grande operazione industriale che procede grazie anche al supporto finanziario delle maggiori istituzioni in Italia, con l’ingresso nel capitale della Cassa depositi e prestiti e delle tre più importanti banche nazionali, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco Bpm. Un’operazione di sistema senza precedenti nel nostro Paese.
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