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Cronaca Francesco Aliperti Bigliardo 27 luglio 2021 08:58 Circa 4 minuti per leggerlo stampa
MARIGLIANO - Questa è la triste storia del camposanto di Marigliano. Il posto più frequentato ed abbandonato della città. Quello che dovrebbe essere un luogo di culto lasciato invece al suo destino dagli amministratori certo, ma pure dai cittadini che lo popolano quasi che dovessero obbedire ad un automatismo piuttosto che in cerca del raccoglimento e dell’intimità necessaria a lenire le proprie sofferenze spirituali. La bellezza dovrebbe essere di casa in un posto che vuole celebrare la vita ed opporsi all’alienazione della morte. Invece siamo come anestetizzati dalla decadenza generale. Come zombie ci trasciniamo tra strade dissestate, cigli infestati da erbacce, laddove non devastati da ogni genere di rifiuto. Abituati come siamo al degrado, nemmeno più lo sappiamo identificare ed isolare, valutandolo alla stregua di un indispensabile arredo urbano. Gli diamo cittadinanza persino dentro le troppo alte mura del camposanto. Già perché il declino di cui qui porto testimonianza è già tutto sotto i nostri occhi ma non s’annuncia con le spettacolari turbolenze di un temporale estivo bensì come l’erosione di un acido mortale ed inesorabile. Come salsedine chimica o meglio, come tutto ciò che caratterizza i nostri tempi paralizzati, prima ancora che dalla pandemia, da un’eutanasia silenziosa eppur immanente.
“L’essenziale è invisibile agli occhi!” Così il Piccolo Principe del celeberrimo romanzo per bambini (?) pare ammonire il mariglianese del nuovo millennio.
È questo il motivo per il quale ho scelto che il mio atto di denuncia non prevedesse il supporto delle immagini. Ne abbiamo fatto una tale indigestione che non sarebbero servite.
Perciò, chiunque spinto da queste parole che sono in primo luogo un atto di accusa verso chi ha disatteso il proprio mandato, dovesse sentirne la necessità, potrà sincerarsi di persona di quel che ho provato a riassumere cedendo, lo riconosco, alla facile retorica qualunquista. A tutti loro chiedo così di cancellare le mie parole dalla propria testa e provarsi nell’esperimento. Diventare cronisti per un giorno. Spogliarsi della ritualità che impone alle nostre visite a quei luoghi ritmi serrati e gesti automatici e finalmente guardare da vicino, con i propri occhi, lo spettacolo pietoso di quel corpo straziato.
A tutti loro ma soprattutto al Sindaco, agli assessori, ai tanti parroci della città ed alla comunità di quello che mi ostino a chiamare consesso civile della città di Marigliano, chiedo: è questo il posto dell’anima, il luogo in cui si annunciano i fasti del giardino dell’EDEN che immaginavano dovesse essere? Sentite in esso l’eco delle suggestioni più care, i profumi che rievocano i ricordi cui affidiamo il compito di consolarci dal più insopportabile dei distacchi o riconoscete in esso lo specchio del declino senza speranze, nè slanci vitali che è della nostra interminabile periferia?
Entrate dunque nella chiesa posta in fondo, quella che dovrebbe far calare la propria ombra pietosa sull’intero camposanto. Toccate con mano la coltre di polvere che piuttosto che annunciare la Parola che ristora, la restituisce a tutti i visitatori come irrimediabilmente spettrale. Annusate il tanfo delle muffe, la puzza di quelle fuliggini offensive al punto che paiono celebrare la potenza del maligno piuttosto che la Gloria del nostro Salvatore.
Quella chiesa presenta segni di cedimenti strutturali ed infiltrazioni di acqua che vanno immediatamente indagati. Che presto determineranno il cedimento dell’edificio e la successiva impossibilità di fare visita ai cari lì sotto depositati, in attesa di definitiva sistemazione che, viste le premesse, forse mai avverrà.
L’età e le indicibili sofferenze di padre che motivano questo scritto, mi impediscono di dar sfogo fino in fondo al disprezzo ed alla rabbia profonda che provo per me stesso. Eppure, per l’amore che ancora mi sopravvive, esse cedono il posto all’indignazione profonda di chi vorrebbe restituire dignità al luogo, al tempio e con esso ai ricordi, alla coscienza propria e a quella, più sacra e divina, dell’intera collettività.
Ripopoliamo dunque da subito quel luogo delle anime che sappiamo presenti eppur disperse, scacciate via dall’indifferenza, dalla superficialità, dall’abbandono.
Se come me sentite il bisogno di un riscatto civile dall’indolenza di questi anni, eleggiamo quel luogo posto fuori dallo sguardo, quasi a voler negare l’esistenza della morte, come il posto da cui ricostruire il nostro rapporto con la città. Facciamolo da cittadini attivi prima che da credenti timorati di Dio. Pretendiamo dalle istituzioni che si facciano carico da subito di scelte responsabili, radicali e finalmente decorose. Basta coi facili populismi. Cominciamo dal restituire dignità alla morte per dare finalmente un senso alla nostra altrimenti inutile vita.
Se sei interessato a dar seguito agli intendimenti del post con un’azione più articolata e decisiva contattami sulla mia bacheca FB (Francesco Aliperti Bigliardo)
Grazie alla redazione di Marigliano.net per avere accolto il mio appello.
Foto di archivio
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