
Paolo Isa
MARIGLIANO - Dopo giornate di dottrina politica è ormai ora di scendere in piazza e parlare un po' più concretamente di questo luogo.
Sul sito web del comune è disponibile una documentata storia della città, che invito tutti a leggere. Quello che qui interessa non è tanto la narrazione di un glorioso passato, quanto la comprensione di un decadente presente, per immaginare un futuro possibile.
Prima castrum romano, poi città medioevale, Marigliano ha visto passare, di sfuggita lungo una ferrovia di cui restano le macerie, la rivoluzione industriale, mai giunta tanto a fondo da farle perdere la sua vocazione contadina. Poi, ai tipici fenomeni urbani locali, si sono sommati, con effetti dirompenti, quelli del vicino gigante metropolitano. La progressiva espansione della periferia di Napoli ha depauperato le spinte socio-economiche locali e allontanato sempre più la cittadina dalle sue radici, avvicinandola all'urbanizzazione metropolitana.
Marigliano è oggi parte di un conurbato urbano dai tratti socio-territoriali omogenei e indistinguibili, ma del tutto frammentato dal punto di vista della gestione amministrativa. A rendere più complessa la geografia politico-economica del territorio due importanti fenomeni che hanno condizionato gli ultimi trent'anni della città e dintorni: la gestione dei quartieri sorti per far fronte alle esigenze abitative post terremoto e la banditesca e scellerata abitudine agli sversamenti illegali.
I processi di urbanizzazione e de-urbanizzazione seguono uno schema costante in ogni parte del mondo, pertanto, l'appronfondimento di realtà comparabili alla nostra ci possono indicare sia l'epilogo dell'attuale fase urbana decadente sia la bontà di scelte politiche maturate in esperienze similari.
Quello che lo studio suggerisce sono due principali vie da poter percorrere. La prima è quella di proporsi come periferia residenziale d'eccellenza, appetibile, vivibile e con elevati standard di qualità della vita. Per evitare che tale scelta resti un'affare solo "cemetizio" da "palazzinari", come accaduto in molte vicine realtà, occorrono servizi efficienti, vincoli di progettazione, regole per riqualificare, verde, trasporti pubblici, strade e impianti sportivi.
La seconda è quella di rivendicare una tipicità locale attrattiva. Come la vicina Nola, che ha voluto conservare gelosamente le proprie tradizioni, oppure la cugina Pomigliano, che ha saputo inventare dal nulla un festival. In tal caso, la rivalutazione del centro storico, la vivibilità degli spazi pubblici, la realizzazione di strutture socio-culturali e la gestione dei beni locali culturalmente rilevanti assumono un'importanza cruciale.
Due soluzioni che non si escludono a vicenda e che sarebbero entrambe valide ad arginare un fenomeno che ci sta portando, inesorabilmente, ad essere un anonimo quartiere dormitorio di periferia, al pari di altre realtà suburbane di provincia. Entrambe richiedono un pubblico dibattito, una ragionata progettualità politica, efficienza dei servizi pubblici e stimolo delle capacità imprenditoriali locali, senza le quali sarebbero tentativi vani.
Quasi dimenticavo, esiste una terza opzione. Consiste nel continuare a ignorare tutto ciò esattamente come stiamo facendo e aspettare che la progressiva decadenza urbana diventi un'irreversibile scadenza.
Sempre nostra la scelta.
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