
Redazione
Io non condivido il consumismo e non ho mai nascosto il mio disappunto per il sistema socio-economico nel quale viviamo. Con un incipit del genere, immagino il lettore mi schedi immediatamente tra i "folli" che sono soliti sbraitare contro il capitalismo ad ogni buona occasione. Sarebbe una riflessione superficiale e riduzionistica, perché il modello produttivo "di maggioranza" qui non c'entra nulla, se non come derivato di una degenerazione posta ben più a monte. Qui si parla dei presupposti etici ed estetici che sono (o non sono) alla base del nostro agire. Siamo in una contemporaneità spinta oltre la post-modernità, che ha disconosciuto il valore della morale perché glielo ha insegnato l'economia, ha rinnegato il riferimento della religione quando l'ha fatta passare di moda, ha promosso l'interesse come unica motivazione utile a stimolare relazioni sociali, facendoci dimenticare sempre più che la felicità non è data dal prezzo.
Sia chiaro, non mi oppongo alla maturata consapevolezza dell'effimero, che anzi ritengo una riscoperta acuta e di incantevole tentazione, seppur di gestione complessa. Io mi riferisco al consumismo sociale e relazionale che pervade le nostre convinzioni ancora prima delle nostre quotidiane abitudini.
Ogni crisi è un'opportunità. In questo senso, la pandemia da covid o, per i diversamente credenti, il panico generato dal covid, sono un'opportunità enorme, un'occasione di ripensare a se stessi, al proprio rapporto col mondo, al significato di efficienza, alla vanità della tecnica, alla propria attitudine al rischio, al rispetto dell'altro, al coraggio, alla paura, alla felicità, al dubbio e alla certezza. E non si tratta solo di pensarci, ma anche di riorganizzare tutte queste belle cose in ordine d'importanza. In breve, si tratta di indagare su ragione e bontà del proprio essere al mondo e nel mondo, ossia si tratta di etica. Ma in un mondo materiale il pensiero è messo all'angolo, nell'arroganza della certezza il dubbio è tempo perso, nell'esasperazione del godimento futile le parole sono un vuoto a perdere. Così, una prima ondata di crisi non è bastata a suggerire un ripensamento morale. Si dà il caso, però, che madrenatura, per nostra fortuna, si interessi anche di rapporti sociali e sia molto più saggia di noi (qualunque cosa questa frase voglia dire). Talvolta, essa ha il vizio di distruggere per rinforzare, così, di fronte alla nostra pigrizia riflessiva, sembra interessata a motivarci e, perché no, a costringerci ad una più approfondita pausa di pensiero con l'ondata numero due. Io resto speranzoso che qualche dubbio emerga tra la massa almeno prima dell'ondata numero tre.
Nel frattempo, prendo in prestito il suggerimento di un amico e lo riformulo a modo mio, invitando tutti quelli che provano tristezza materiale in questo periodo a chiedersi se la propria felicità sia svanita "per covid" o "con covid".
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