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Letteratura Redazione 26 aprile 2022 09:34 Circa 2 minuti per leggerlo stampa
Di Angelo D'Ambra
MARIGLIANO - Esponente di spicco della cultura napoletana e della scuola verista, Salvatore Di Giacomo ritrasse la quotidianità del popolo, la miseria, l’ignoranza, la vita di vagabondi e reietti con crudo realismo ed una desolata amarezza. Senza intrusioni intellettualistiche, nelle sue novelle non trascurò il colorito pittoresco di un’umanità schietta e passionale. Una di esse, “Nella notte serena”, del 1888, fu ambientata a Marigliano.
Per nulla libera da accenti razzisti, narra quanto accaduto dopo l’ultimo spettacolo cittadino della compagnia circense di Battista Andretta, uomo nerboruto, un vero “Ercole”, duro nei modi e facile all’ira. Allo spettacolo della bellissima Nanna, del pagliaccio pensatore Tony e della trapezista Stella accorre un folto pubblico di mariglianesi, “campagnuoli” in visibilio che urlano “Bisse! Bisse!”.
Tra essi sono citati Nicola Fiore, proprietario d’un caffè, il medico condotto Olindo Borrelli ed il boscaiolo Alfonso Macciarella. Il circo errante, come sempre nella storia dell’umanità, porta il divertimento e la cultura a gente schiacciata dal lavoro e dalla realtà di provincia di mentalità arretrata.
Curiosamente, si incontrano i toni tormentati de “La strada” di Federico Fellini, premio oscar nel 1957. Battista ricorda, infatti, lo scontroso e forzuto Anthony Quinn, Stella l’innocente Gelsomina (Giulietta Masina), il Matto (Richard Basehart) è Tony che canta le arie rossiniane. Chissà se il regista non conoscesse questo racconto.
La tragedia, però, non trasforma Battista come trasforma Zampanò: nella notte nevosa, mentre il carrozzone degli artisti è in viaggio verso Palma Campania, un neonato muore di freddo. La madre, Stella, se lo stringe al seno e piange, mentre l’Ercole sbotta: “Non è roba mia”. Marigliano è ora alle loro spalle, insignificante, già dimenticata.
Angelo D'Ambra
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