26/09/2023
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Scienze Alfredo Strocchia 27 maggio 2023 11:09 Circa 2 minuti per leggerlo stampa
Se non è ancora chiaro, è meglio dirlo subito: l'intelligenza artificiale non è una cosa terza, aliena, diversa o separata da noi, ma uno strumento della nostra capacità intellettiva, un'estensione della nostra abilità di pensare. Essa si addestra a comprenderci e impara da noi, per essere da noi usata.
L'intelligenza artificiale è come un bimbo che osserva l'esempio dei genitori, si fa un'idea di chi siano elaborandone un profilo, assorbe le informazioni implicite ed esplicite che gli danno e un domani darà una mano a portare avanti l'impresa di famiglia.
Così come una tromba può essere considerata estensione di una voce o una fune viene utilizzata come prolungamento di un braccio, l'intelligenza artificiale è un nostro strumento, un nostro prodotto, è parte della nostra intelligenza, un libro da noi scritto usando una penna un po' più sofisticata delle tradizionali penne a cui siamo abituati. Non deve spaventarci, ma aiutarci.
Non sono, però, tutte rose e fiori. Esiste un problema di proprietà. Il proprietario del programma originario, colui che gentilmente ci rende disponibile la penna per scrivere, diventa proprietario anche del libro della nostra ragione, del risultato dell'interazione tra la sua penna e il nostro pensiero. Costui conosce la nostra ragione e ne beneficia, oggi e per sempre.
Se il caso di Cambridge Analytica ci ha toccato perché ha svelato il possibile lato oscuro del profiling, il tema della detenzione delle intelligenze dovrebbe farlo molto di più, perché qui non è in discussione soltanto la catalogazione delle nostre preferenze, ma il possesso di parte della nostra capacità di ragionamento. In altre parole, qualcuno detiene, in qualche luogo remoto del pianeta, il nostro intelletto o, quantomeno, la parte della nostra intelligenza che abbiamo, consapevolmente o meno, reso disponibile in ambiente artificiale.
Le proprietà si usano, si prestano, si vendono, si sperperano e quant'altro. Io suggerirei di non temere un programma informatico, ma il futuro proprietario del nostro pensiero.
Cresciamo, quindi, la nostra intelligenza artificiale con molta cura, perché ci sarà di grande aiuto, ma non raccontatiamole proprio tutto, teniamo qualcosa per noi.
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