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Economia Gianluigi Mautone 10 giugno 2009 22:55 Circa 4 minuti per leggerlo stampa
“La fiducia non si ricostruisce con la falsa speranza, ma neanche senza speranza: uscire da questa crisi più forti è possibile." Terminano così le sedici pagine di testo, per le Considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia.
Il Governatore quest’anno ha dovuto occuparsi principalmente di banche e di istituzioni finanziarie: sono loro le vere imputate per la crisi economica, e per la scarsa vigilanza e preveggenza su ciò che stava accadendo.
Draghi non ha mancato di recapitare qualche consiglio allo stato maggiore della nostra politica. Partendo dalla considerazione che al termine della crisi l’Italia si ritroverà “non solo con più debito pubblico, ma anche con un capitale privato - fisico e umano - depauperato dal forte calo degli investimenti e dall’aumento della disoccupazione”, ha chiesto a Berlusconi e ai suoi ministri di impiegare il prossimo arco di legislatura per riforme che consentano di riequilibrare i conti e di rendere più competitiva l’economia.
Delle sedici pagine riportiamo lo stralcio due punti che riteniamo veramente esaustivi del momento.
Il primo è una panoramica sullo stato di salute delle imprese in questo momento di crisi:
“circa metà delle 65.000 imprese dell’industria e dei servizi con almeno 20 addetti sono state coinvolte nel processo di ristrutturazione.
Esse si attendono un calo del fatturato nel 2009 nettamente inferiore alla media. A un estremo, le aziende finanziariamente più solide presenti in questo gruppo oggi attutiscono l’impatto dell’avversa congiuntura consolidando il primato tecnologico e diversificando gli sbocchi di mercato.
Non sono poche, stimiamo più di 5.000, con quasi un milione di addetti. Alcune sembrano proiettate a trarre vantaggio dalla crisi, in termini di riposizionamento sul mercato. All’altro estremo vi sono imprese che, avendo deciso di accrescere scala dimensionale, intensità tecnologica, apertura internazionale, si erano indebitate.
Affrontano ora, con la crisi, il prosciugarsi dei flussi di cassa, l’irrigidirsi dell’offerta di credito bancario, la forte difficoltà ad accedere al mercato dei capitali; si tratta di almeno 6.000 aziende, che impiegano anch’esse quasi un milione di lavoratori.
A risentire della crisi sono soprattutto le imprese piccole, sotto i 20 addetti; nella sola manifattura se ne contano in tutto quasi 500.000, con poco meno di due milioni di occupati. Per quelle che operano in qualità di sub-fornitrici di imprese maggiori, da cui subiscono tagli degli ordinativi e dilazioni nei pagamenti, è a volte a rischio la stessa sopravvivenza.
Il passaggio dei prossimi mesi sarà decisivo: una mortalità eccessiva che colpisca per asfissia finanziaria anche aziende che avrebbero il potenziale per tornare a prosperare dopo la crisi è un secondo, grave rischio per la nostra economia.”
Il secondo punto è dedicato alle banche:
“Il deterioramento dell’economia tende a frenare i prestiti bancari. Ad aprile il tasso di crescita trimestrale del credito alle imprese non finanziarie si è annullato; era del 12 per cento un anno prima. Continuano a rallentare anche i prestiti alle famiglie.
Minori investimenti industriali e immobiliari, minori consumi di beni durevoli spiegano parte del rallentamento. Ma è anche l’offerta di finanziamenti delle banche ad aver decelerato, innanzitutto per le difficoltà di provvista a medio e a lungo termine e per l’aumento del rischio di credito.
Secondo la nostra indagine l’8 per cento delle imprese ha ricevuto un diniego a una richiesta di finanziamento; è il valore più elevato dalla metà degli anni Novanta; era meno del 3 un anno fa. Oltre il 10 per cento delle imprese dichiara di aver ricevuto, da ottobre, richieste di rimborsi anticipati. Il fenomeno, più intenso nel Mezzogiorno, investe l’intero paese e riguarda anche
aziende di dimensione non piccola.
Non si può chiedere alle banche di allentare la prudenza nell’erogare il credito; non è nell’interesse della nostra economia un sistema bancario che metta a rischio l’integrità dei bilanci e la fiducia di coloro che gli affidano i propri risparmi. Quel che si può e si deve chiedere alle nostre banche è di
affinare la capacità di riconoscere il merito di credito nelle presenti, eccezionali circostanze. Va posta un’attenzione straordinaria alle prospettive di medio lungo periodo delle imprese che chiedono assistenza finanziaria. Nei metodi di valutazione, nelle procedure decisionali delle banche vanno tenute in conto tecnologia, organizzazione, dinamiche dei mercati di riferimento delle
imprese.”
Considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia
mautone@laconsulenza.it
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