04/12/2023
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Storia Antonio Esposito 25 giugno 2023 13:25 Circa 3 minuti per leggerlo stampa
MARIGLIANO - Nel primo numero dell’anno 1962 del periodico diocesano “La Campana”, il prof. Francesco de Vita, ricordando la figura del prof. Vincenzo Vivo, suo fraterno amico scomparso, lo descrisse come “un artista galantuomo”.
Un galantuomo fu definito anche da tutti coloro che lo avevano conosciuto e apprezzato la sua arte limpida, chiara, rasserenante, espressa nelle centinaia e centinaia di tele eseguite nel corso della sua carriera.
Il prof. Vincenzo Vivo nacque a Marigliano il 23 ottobre del 1886 da Ferdinando e da Maria Saveria Somma Pauli; frequentò il Real Istituto di Belle Arti di Napoli e si diplomò l'11 dicembre del 1911, seguendo un insegnamento ancora di tipo tradizionale, ma non ostile alle nuove tendenze veriste diffusesi fra gli allievi più giovani sull’esempio dell’opera di Achille d’Orsi preside dell’istituto, dal 1902 fino al 1915, con il quale, tra l’altro, ebbe in comune la preferenza per alcuni soggetti popolari napoletani, come scugnizzi, pescatori e venditori ambulanti.
Di certo la pittura del prof. Vincenzo Vivo si è anche ispirata alla produzione di un altro valente nostro concittadino, il pittore Enrico Fiore, morto nel 1902 ed autore anche di ritratti e di scene di genere esposte nei prestigiosi musei nazionali.
Più che un eccellente ritrattista, Vincenzo Vivo può essere annoverato tra i “grandi” della scuola ottocentesca risalendo la sua produzione artistica al periodo in cui si sviluppavano in tutta Europa diversi movimenti di stampo realista, i più importanti dei quali furono il realismo francese e il verismo italiano, infatti fu artista della “natura”, le sue tele, dipinte nei suoi viaggi di lavoro e di studio, testimoniano la bellezza di tanti angoli naturali, alcuni dei quali persi, della nostra Campania Felix.
Non diede mai pace alla sua tavolozza, le tele si accavallavano alle tele sbalordendo chiunque si addentrava nel suo studio. Nei suoi dipinti dai colori chiari e decisi, che lasciano trasparire il suo carattere schietto, aperto e gioioso, trovavano posto ampi scenari: paesaggi verdi, boscosi, marini ed estivi o invernali, composizioni all'aperto o al chiuso di una stanza. Gentildonne, contadini, artigiani, semplici fanciulli, gente del popolo sono stati fonte d’ispirazione dell’artista. I ritratti dei genitori e della sorella Emilia, prematuramente ed improvvisamente deceduta, mentre si avviava agli studi universitari, raggiungono la vetta delle sue abilità pittoriche rendendoli vivi seppur imprigionati in una muta tela.
Anche la pittura sacra, nella ricchezza ed eterogeneità delle sue proposte, costituisce un tassello fondamentale della produzione dell’artista, profondamente religioso, che gli ha consentito di conferire la giusta misticità alle sue opere. Nel Cristo si coglie tutta la sofferenza della Passione, nelle Madonne il dolore composto ai piedi della Croce, nei santi la Beatitudine del Regno dei Cieli.
Tra le pitture a carattere religioso si possono ammirare: “San Giuseppe” presso il Santuario di San Giuseppe V.no, la realistica "Deposizione" nella chiesa di San Nicola a Marigliano, "S. Anna" nella chiesa del Convento di San Vito a Marigliano, oggi Santuario Madonna della Speranza, e il “Sacro Cuore di Gesù” nella chiesa di Santa Maria la Nova a Napoli.
Purtroppo, parte della produzione giovanile dell’artista è andata distrutta alla fine del secondo conflitto mondiale, quando i tedeschi in ritirata diedero fuoco all’edificio al Corso Umberto I dove, al secondo piano del palazzo Corbisiero, risiedeva l’artista.
Carattere aperto, conversatore piacevole, allegro, ricco di comunicativa, fu maestro attento e preciso, disponibilissimo con i suoi allievi dell'istituto "Casanova", dove egli insegnava, e con quanti a lui si rivolgevano per aiuto o per consigli.
Il pittore Vincenzo Vivo morì all’età di 76 anni, circondato dall’affetto del fratello Tommaso, della cognata Rosa e dei nipoti Ferdinando, Maria e Vincenzo, il primo gennaio dell’anno 1962.
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