04/12/2023
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Storia Viviana Papilio 18 gennaio 2023 00:15 Circa 5 minuti per leggerlo stampa
Tra i più rappresentati nella storia dell'arte
MARIGLIANO - Bello come un eroe pagano, San Sebastiano è stato particolarmente raffigurato nei secoli divenendo un’icona rappresentativa del mondo cristiano, apprezzata fonte di ispirazione per disparati artisti che hanno adagiato il proprio virtuosismo su riproduzioni molto distanti tra loro, ritraendo il Santo in pose e atteggiamenti diversi, ora con fattezze languide e pose femminee come quella di Piero del Pollaio, ora con quella più virile e mascolina del Mantegna.
Non molto si conosce sulle vicissitudini di San Sebastiano, eppure il suo culto -dalla storia millenaria- è assiduo e tenace nell’animo dei fedeli.
La prospera fioritura iconografica sulla vita del Santo attinge a piene mani dalla “Passio Sancti Sebastiani” composta nel V secolo da un agiografo romano e narra dell’avvincente resistenza alla morte che questo giovane pretoriano oppose a chi tentò di punirlo per la sua fede cristiana trafiggendolo con tante frecce “da farlo sembrare un riccio”.
San Sebastiano, penetrato dal martirio, diventa manifestazione di una bellezza inviolabile mostrando il suo corpo adamitico trionfante sull’ingiusto supplizio.
Secondo la leggenda, San Sebastiano, giovane soldato martirizzato per volere dell’imperatore Diocleziano perché colpevole di tradimento verso la sua persona e verso gli dei, fu giustiziato legato ad un olmo, colpito da frecce scagliate dai suoi stessi commilitoni e lì abbandonato perché ritenuto morto. Irene, una nobile cristiana che subì il supplizio a Tessalonica, andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura ma accortasi che il soldato fosse ancora vivo, lo trasportò nella sua dimora sul Palatino e prese a curarlo dalle molte ferite con pia dedizione.
Guarito, nonostante i suoi amici gli consigliassero di abbandonare la città, Sebastiano decise di recarsi da Diocleziano rivendicando la sua fede al cospetto dell’Imperatore che aveva scelto per lui la somma pena. Quest’ultimo, vedendo la determinazione dell’uomo a cui un tempo aveva accordato fiducia, ordinò che fosse flagellato a morte. L’esecuzione avvenne nell’ippodromo del Palatino nel 304. Il corpo del martirizzato fu poi gettato nella Cloaca Massima affinché i cristiani non potessero recuperarlo.
Durante il XV secolo le rappresentazioni ispirate al Santo fiorirono e si accorderanno ad un nuovo canone estetico che transita dal modello iconografico primitivo di uomo possente e barbuto a quello efebico di giovane bellissimo che subisce ignudo il martirio.
Questa integra bellezza dovette affascinare e orientare anche l’opera realizzata dallo scultore, artista poliedrico, mariglianese d’adozione, Domenico di Pinto: la celeberrima e amatissima scultura di San Sebastiano posta sull’omonimo ponte.
Così racconta Rocco Napolitano in un suo scritto custodito nell’insigne Collegiata Santa Maria delle Grazie: “Un ponte divideva Lausdomini da Marigliano, un ponte sui Regi Lagni di onorata fattura borbonica, per l'imbrigliamento delle acque alluvionali del Monte Somma. Ora che questi sono stati coperti per la parte che attraversa Marigliano, il Ponte è scomparso, ma lì si dirà sempre il Ponte San Sebastiano, per il vistoso monumento che vi sorge accanto, col Santo Martire, ad altezza naturale, legato nudo al palo con il martirio delle frecce ficcate nelle innocenti carni. (…) La statua, commissionatagli dal Comitato Cittadino San Sebastiano, fu completata nel 1913 come è segnato sulla base con l'epigrafe."
Si ritiene che per la realizzazione del monumento, Di Pinto abbia riprodotto -scevra dai più evidenti attributi femminili- la modella Filomena Castaldo, giovane avvenente che intratteneva con lo scultore una relazione sentimentale. La bella, statuaria giovane, abitò in due umili bassi di Via Giannone, in una corte in corrispondenza dell’attuale civico 84.
A partire dal VII secolo, al legionario Sebastiano martire vengono riconosciuti diversi prodigi fra cui quello di protettore contro le epidemie: l’atroce supplizio delle frecce corrisponderebbe all’idea di collera divina. Per il fatto di essere scampato alla morte dei suoi arcieri, Sebastiano sarebbe stato assunto quale protettore contro la peste che a quei tempi incombeva sull’umanità come strale dell’ira divina.
Quale che fosse l’intenzione comunicativa del Di Pinto nel realizzare un’opera tanto delicata e rasserenante di fronte al dolore di un giovane corpo trafitto non è dato sapere, ma certamente in quel miscuglio di eros e thanatos trionfa con eterea grazia la fede del cristiano ardimentoso e fermo dinanzi al proprio destino.
Da Guido Reni a Giuseppe Giorgetti, dalla pittura alla scultura, i tanti artisti che hanno riprodotto il supplizio del santo anche in chiave stoica e virile non hanno lesinato di mostrare la sensualità del martire che, anche in virtù di essa, riesce ad irretire i popoli cui non resta che riconoscerne la grandezza e prostrarsi ad essa.
Il martirio sembra quasi non addolorare il Santo. Mirabilmente ce ne parla lo scrittore Mishima nel suo “Confessioni di una maschera”. Nella bellissima ekprhasis al San Sebastiano di Guido Reni scrive: quel «giovane di singolare avvenenza» legato nudo (quella sua bianca e incomparabile nudità), al «tronco dell’albero del supplizio», pare non dolersi né delle ferite, né del suo destino, ricorda Antinoo per la sua bellezza leggiadra o un atleta romano «che allevia la stanchezza in un giardino, appoggiato contro un albero scuro», «se non fosse per le frecce con le punte confitte nell’ascella sinistra e nel fianco destro e i polsi che s’incrociano immediatamente al di sopra del capo».
La vita di San Sebastiano diventa esempio per chi, fedele e non, cerca tempra e ispirazione per conservare la lealtà del buon cittadino e la coerenza del buon cristiano, rispetto per le istituzioni e fedeltà a Dio. “State saldi, dunque: attorno ai fianchi la verità; indosso, la corazza della giustizia; (…) afferrate sempre lo scudo della fede con il quale potrete spegnere tutte le frecce del Maligno”.
Riferimenti:
approfondimenti
dal libro "Figli illustri di Marigliano", curato dalla prof.ssa Rosa Anna Quindici
dalla pagina facebook – Sillabe di Arte con epicentro a Marigliano
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